Quando Croce Rossa è un rifugio

(“Io, Volontaria della Croce Rossa”)

Accogliamo migranti che ci vengono incontro felici di essere arrivati in Italia per realizzare un sogno: vivere.
Diamo assistenza sanitaria con un sorriso a coloro che scendono dalle navi scossi, feriti, impauriti, con negli occhi  le immagini di ciò che hanno vissuto o solo visto.
Siamo accoglienza silenziosa anche per quei migranti che non ce l’hanno fatta, quelli che nel viaggio hanno trovato la morte per causa di un tragico destino o per la crudeltà degli uomini.
Ma è di fronte ai migranti superstiti delle tragedie del mare che Croce Rossa Italiana ha il volto più umano : quando si poggia una mano sulla spalla a chi ha perso un fratello, quando proteggiamo una donna da attenzioni mediatiche di chi – nel dolore del lutto – cerca l’immagine dello sbarco, qundo rispettiamo il dolore di un pianto che non cerchiamo di fermare, quando tuteliamo la sofferenza per la morte di un figlio a cui non ci si può rassegnare.
Croce Rossa è un rifugio emotivo per tutti i migranti, ma lo è soprattutto per i superstiti.
Nel mese di agosto, le attività di supporto psicologico realizzate nell’ambito dell’Emergncy Appeal  in banchina sono state particolarmente intense.
Dal porto di Palermo del 6 agosto a quello di Catania di lunedi 17, abbiamo assistito molti migranti che hanno perso durante il viaggio i loro familiari. Abbiamo ascoltato le storie tragiche di famiglie distrutte, cancellate dalle onde del mare, o di chi non ce l’ha fatta per le atrocità delle condizioni di viaggio, uomini morti sotto gli occhi o a pochi metri di parenti, mogli e sorelle che impotenti hanno raccontato ciò che hanno vissuto durante quelle ore tragiche sui barconi  trasbordanti di persone ammassate l’una sull’altra.
Abbiamo lasciato loro il tempo per raccontarci ciò che hanno vissuto, abbiamo ascoltato in silenzio con una mano stretta alla loro, abbiamo dato contenimento senza mai perdere di vista la tragicità di ciò che stavamo vivendo. Abbiamo dato un rifugio al dolore, uno spazio umano alla morte.
Data la necessità di procedere al riconoscimento delle salme, il supporto psicologico e la mediazione linguistica del TEAM è stato fondamentale quando – in collaborazione con gli psicologi dell’ASP di Palermo era necessaria la raccolta delle informazioni: ogni dettaglio (un orecchino,  l’altezza ) era importante per capire se la bambina di quel papà o di quella mamma era proprio tra quelle salme.
In un’atmosfera di concitazione, rabbia e negazione, abbiamo assistito al porto di Catania 5 donne che hanno perso i loro mariti e fratelli. Loro, 5 donne sole tra lunghi silenzi che intervallano singhiozzi strazianti. Noi, donne di Croce Rossa (medici, infermiere, psicologhe e mediatrici), tra sguardi di conforto e parole di sostegno, abbiamo cercato di “curare” e proteggere dentro il PMA  la silenziosa e tragica angoscia.
Come trapeziste in equilibrio abbiamo cercato di percorrere con loro il difficile il cammino lungo il “filo” appeso, conoscendo l’importanza di ogni nostro movimento, per sorreggerle, per essere forti e portare il loro corpo e il loro cuore, alla fine del filo – oltre la confusione e il caos del porto – verso un luogo dove trovare un po’ di silenzio e conforto. Un luogo che non è di sicuro la meta fantasticata ma è di certo la fine di quel viaggio.

Santa Sicali

 
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