La Croce Rossa nel cuore e su una divisa: Salaymana, “fratello nero” dei ragazzi della CRI di Messina e volontario
Nella vita, pensa Salaymana, “ogni cosa dovrebbe scorrere dolcemente”. Non si dovrebbe fuggire, non si dovrebbe rischiare la vita per cercare un futuro diverso. Attraversare il deserto e poi il mare, vedere che in tanti non ce la fanno, soffrire per la lontananza dagli affetti non è quello che la vita dovrebbe riservare, ma per molti è parte del destino. Salaymana è uno di loro. Lui è stato il “primo amore” dei ragazzi della CRI di Messina. Il loro “fratello nero”, come lo definiscono, è arrivato nel 2013 col primo gruppo di migranti che da Lampedusa venne spostato nella città dello Stretto, nel Palazzetto dello sport allestito per ospitare temporaneamente i migranti. “Era notte, e all’arrivo a Messina i primi che ho visto sono stati loro”, i ragazzi col simbolo della Croce Rossa sulla divisa, racconta Salaymana. Nel barcone con cui era arrivato pochi giorni prima a Lampedusa erano morte quattro persone, non avevano retto a quattro giorni in mare senza acqua e senza cibo. Un’altra imbarcazione, carica di eritrei, che viaggiava accanto a quella sulla quale si trovavano Salaymana e i suoi compagni di viaggio, non è mai arrivata a destinazione. A Lampedusa, pochi giorni dopo, venne a sapere che aveva perso la rotta ed era affondata. Era il naufragio dell’Isola dei Conigli. Esperienze che lasciano segni profondi: “Arrivati a Messina, pensavo troppo, sentivo troppo dolore. La prima cosa che ho visto è stata la gente di Croce Rossa arrivata per aiutarci”, ricorda. Sentirsi accolto, dopo quel viaggio attraverso il deserto e il mare è stato fondamentale per lui. “Ero andato via per tanti motivi, volevo una vita migliore, sentirmi bene, libero, felice della mia vita. Ho visto tante cose brutte. Nel mio paese non c’è la guerra ma nemmeno tranquillità, era impossibile immaginare un futuro”. Partito dal Ghana, Salaymana ha attraversato il Niger per arrivare fino a Sabah, in Libia, e dopo essere rimasto lì per tre mesi ha continuato fino Tripoli. Laggiù non c’erano alternative: “Non potevo fare altro che salire sul barcone perché c’era la guerra e non potevamo nemmeno uscire per andare a cercare cibo”. Nella sua vita si sono intrecciati gioie e dolori: suo fratello era andato via dal Ghana prima di lui e il destino li ha poi fatti ritrovare sullo stesso barcone con destinazione Lampedusa, riunendo la famiglia in mezzo al mare, sulla rotta per una nuova vita. Ma arrivato a Messina lo attendeva un grande dolore: sua madre, rimasta in Ghana, era morta poche ore prima. In quel momento di sofferenza i volontari della Cri di Messina erano con lui: “Facevamo giochi, guardavamo film”, ricorda Salaymana, “quando pensi troppo vuoi qualcosa di divertente vicino. Loro ci facevano pensare a cose belle. Mi facevano stare tranquillo, quando mi vedevano solo venivano vicino a me, parlavamo, mi facevano sentire bene”. Salaymana è un “gigante buono”, un ragazzone imponente che parla a voce bassa, con dolcezza, e che racconta la sua sofferenza senza ombra di imbarazzo. Quando parla dei ragazzi della Croce Rossa li chiama “fratelli” e gli si illuminano gli occhi: “Quando mi hanno spostato dal Palazzetto dello sport, io piangevo, non volevo andare lontano da loro. È difficile comprendere le nostre vite, le nostre sofferenze, e se non hai qualcuno con te è più difficile affrontare una nuova vita”. Il destino a volte toglie e a volte dà, e gli incontri di Salaymana, una volta arrivato a Messina, lo hanno ripagato delle tante sofferenze. Lui, che in Ghana giocava a football americano, voleva poter continuare a praticare il suo sport. La squadra di rugby Amatori Messina gli ha aperto le porte e lo ha accolto. Dopo avere calcato il campo messinese, pochi mesi fa è stato ingaggiato dal Rugby Reggio, che milita in serie B. Oggi, nella nuova vita di questo mite ragazzone ghanese c’è una mamma italiana che lo ha adottato, ma i ragazzi della CRI restano parte della sua grande famiglia. “Ora sono molto, molto felice. Loro vengono a vedermi a giocare a rugby, noi siamo fratelli. Mi hanno aiutato a ricreare una vita. Il simbolo della Croce Rossa è nel mio cuore, non lo dimenticherò mai”. E per lui il modo più naturale per celebrare una vera e propria storia d’amore non poteva che essere quello di indossare la divisa con quel simbolo: Salaymana è diventato un volontario CRI.