Alessandro Mennitti, di ritorno dal Campo internazionale Atlantis X, ci racconta la sua esperienza.

Foto di Alessandro Mennitti,
Foto di Alessandro Mennitti.

Intervista di Tommaso Natoli.

D – Caro Alessandro, grazie per aver accettato di raccontarci la tua recente esperienza presso l’Atlantis International Camp X. Innanzi tutto due parole sul tuo avvicinamento al mondo di Croce Rossa:

R – Da tempo riflettevo su quanto fosse giusto e importante poter dare un contributo costruttivo a persone, vicine e lontane, meno fortunate di me. In una società sempre più disgregante e poco attenta alle necessità degli individui, che non rispetta i fondamentali diritti umani, alla ricerca del profitto a tutti i costi, mi sono avvicinato alla Croce Rossa Italiana, della quale sono onorato di far parte, e che ringrazio perché mi sta dando l’opportunità di dare il mio apporto a questo movimento che opera così attivamente in ambito nazionale ed internazionale.

D – Ora veniamo al Campo, come sei venuto a sapere del meeting annuale e cosa ti ha incuriosito?

R – Durante le Giornate informative sulla cooperazione internazionale organizzate a Roma dal Comitato regionale CRI del Lazio, nel maggio scorso, sono stato informato della possibilità di partecipare al Campo Atlantis X e mi è sembrata subito un’occasione unica per poter ampliare i miei orizzonti e la mia conoscenza, una possibilità eccezionale di confrontarmi con giovani provenienti da Paesi così diversi dal mio e poter collaborare con loro.

D – L’Atlantis International Camp è nato come evento volto a favorire l’incontro interculturale tra giovani volontari di diverse Società nazionali dell’area mediterranea. Dopo averlo vissuto di persona, ritieni che a dieci anni dalla sua prima edizione tale spirito originario di scambio e confronto sia ancora vivo e forte?

R – Assolutamente sì. In brevissimo tempo, alternando training, partecipazioni attive alla creazione di progetti e momenti di condivisione molto intensi, in un gruppo tanto eterogeneo si è creata una profonda unione, un’atmosfera di collaborazione, apertura e complicità. Come in una grande famiglia unita, forte dell’apporto di ognuno, nella quale le differenze erano una ricchezza per tutti e non motivo di divisione.
 
D – L’idea è anche quella di favorire il confronto sulle buone prassi e l’individuazione delle priorità e delle sfide umanitarie da affrontare nella regione. Da questo punto di vista cosa è emerso quest’anno? Quali attività ti hanno coinvolto e interessato maggiormente?

R – Principalmente è emersa la necessità di portare avanti nuovi progetti in ambito giovanile per stimolare il senso di appartenenza ad una società multiculturale. Condividere attività nei vari Paesi che promuovano l’impegno attivo dei giovani nelle Società di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa. Attuare programmi regionali e nazionali per sensibilizzare e rendere consapevoli le nuove generazioni del mondo che le circonda con uno sguardo aperto alle necessità di tutti i popoli. Non saprei identificare un’attività che mi abbia coinvolto in particolare più delle altre, sicuramente ho apprezzato molto il metodo interattivo di affrontare le tematiche, rendendoci partecipi soggetti cooperanti e non ascoltatori passivi.

D – Immagino si sia parlato dell’emergenza migranti. Sono emerse possibili soluzioni (di breve o di lungo periodo) alla sfida umanitaria che il Movimento sta affrontando da ormai alcuni anni?

R – Purtroppo in questo ambito ad oggi parlare di soluzioni è ancora difficile. Abbiamo però affrontato la delicata questione del ricongiungimento familiare per profughi e migranti sia in situazioni di calamità naturali sia in casi di guerra. Attualmente il Restoring Family Links è una delle sfide più importanti che le Società di Croce Rossa e di Mezzaluna Rossa stanno affrontando.

D –  E dei giovani come “agenti di cambiamento comportamentale” all’interno delle Società Nazionali e delle rispettive comunità? Che ne pensi?

R – Come già detto in precedenza risulta evidente l’importanza di puntare sui giovani per un futuro di apertura interculturale. I giovani sono la speranza per un mondo migliore, libero da antichi pregiudizi nel quale le differenze siano valorizzate e non denigrate. Grazie a questa esperienza abbiamo maturato maggiore consapevolezza e coscienza per essere noi stessi i primi agenti di cambiamento all’interno delle nostre società.

D – Quest’anno era previsto un focus sulle capacità di leadership dei giovani volontari giusto? Ci vuoi raccontare cosa è emerso nello specifico?

R – Le attività sulla leadership sono state davvero molto interessanti ed originali, tese a far maturare in noi l’idea che un vero leader non è colui che decide e comanda, ma colui che sa stimolare e coordinare un gruppo nel quale ognuno sia membro attivo e partecipe. Il vero leader è elemento aggregante e non soggetto protagonista come eravamo abituati a pensare.

D – Un’ultima istantanea…il momento più importante che porterai con te?

R – Il tesoro più prezioso di questa esperienza è stato senza dubbio il forte legame che si è creato con gli altri partecipanti che sono orgoglioso di poter chiamare AMICI. Ognuno di loro è stato per me un dono unico ed irripetibile e grazie ai “moderni” mezzi di comunicazione rimaniamo tutt’oggi in continuo  e stretto contatto.
Particolarmente toccante ed indimenticabile è stata l’ultima sera del Campo, durante la quale i festeggiamenti finali previsti sono stati interrotti dall’improvvisa e terribile notizia che durante degli scontri erano morte delle persone care ad uno dai partecipanti proveniente dalla Siria. Abbiamo vissuto sulla nostra pelle una tremenda sensazione di impotenza, la festa si è trasformata in veglia di preghiera in spiaggia alla luce di tre candele, ognuno secondo la propria religione ma tutti uniti perché una vera famiglia condivide anche i momenti di dolore, non solo quelli di gioia e di festa.

D – Grazie mille Alessandro, e in bocca al lupo per il futuro.

 
Foto di gruppo al Campo internazionale Atlantis X
Foto di gruppo al Campo internazionale Atlantis X.
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